Moncalieri, 04/12 /2006

In margine al decreto Turco.

Ogni provvedimento che riduca a livello legislativo la repressione del consumo delle droghe suscita sempre un coro di dissensi. Così è stato pure per il decreto Turco.

Le motivazioni che vengono portate per contrastare questo decreto, come pure altri provvedimenti legislativi analoghi, sono certamente condivisibili in astratto: come negare che la droga è un gravissimo problema del nostro tempo e non appoggiare una forte ripulsa morale contro il consumo di sostanze che inebetiscono le volontà degli individui!

Ma lo stato non è una chiesa e non deve solo dichiarare dei principi morali astratti. E soprattutto le leggi non debbono trasformarsi in grida di manzoniana memoria.

Una legge deve avere efficacia pratica, deve cioè ridurre il fenomeno che essa vuole colpire e non causare danni indotti superiori al beneficio che essa vuole ottenere.

L’emanazione di un provvedimento legislativo repressivo, quindi, dovrebbe essere frutto anche di un’analisi dell’efficacia pratica della legge stessa e, cioè, dei mezzi che lo stato può e vuole mettere in campo per la sua applicazione, raffrontati con la vastità del fenomeno che si vuole ridurre.

Le leggi repressive della diffusione delle droghe hanno finora ottenuto gli effetti sperati? Lo spaccio delle droghe è diminuito aumentando pene ed emanando leggi più repressive? I fenomeni criminosi indiretti legati all’uso delle droghe sono diminuiti?

Credo che almeno all’ultima delle precedenti domande non si possa che dare un’unica risposta: la legislazione repressiva finora adottata ha fatto esplodere i cosiddetti episodi di delinquenza minore con un aumento massiccio della sensazione d’insicurezza e della insicurezza effettiva della popolazione. A questo proposito è da notare che tali episodi di delinquenza "minore" sono costituiti in gran parte da scippi, rapine ed anche omicidi!

Ogni qual volta vi è una proposta che mira a togliere il monopolio della distribuzione delle droghe alla delinquenza organizzata si sente parlare di "liberalizzazione" delle droghe. La prima osservazione in merito che mi viene in mente è che la droga è di fatto liberalizzata, in quanto basta girare per le nostre città per costatare l’ampiezza della diffusione del commercio delle droghe, commercio che viene quasi difficile definire clandestino, dato che si svolge spesso sotto gli occhi di tutti (efficacia delle leggi!). La seconda osservazione che mi preme fare è legata alla limitatezza delle risorse disponibili: la repressione del fenomeno droga impegna enormi risorse dello stato, con risultati non molto confortanti; destinare in parte o totalmente tali risorse alla dissuasione con mezzi diversi dalla repressione farebbe aumentare o diminuire il numero dei consumatori?

Un altro fatto che mi sorprende è la scarsa attenzione dedicata generalmente allo studio dell’evoluzione storica dei fenomeni legati all’uso delle sostanze che influiscono sulla psiche.

Le più note e diffuse di tali sostanze sono il tabacco e l’alcool. La lotta all’uso del tabacco in corso non prevede provvedimenti di carattere penale nei confronti di chi vende la sostanza, ma una serie di limitazioni e di prescrizioni per la vendita e l’uso.

Ma è forse più interessante parlare dell’alcool in quanto per questa sostanza fu emanato un provvedimento legislativo negli Stati Uniti che ne proibiva la produzione e l’uso, provvedimento che diede origine al periodo del "proibizionismo". Durante tale periodo non diminuì certo il consumo di alcool negli Stati Uniti, non diminuirono gli alcoolizzati e si ebbe un’ondata di delinquenza feroce ed arrogante, foraggiata in gran parte dai proventi del traffico degli alcolici. Alla fine il provvedimento fu abolito.

Vorrei fare ancora un’altra riflessione, seppure di carattere totalmente differente dalle precedenti: è giusto che lo stato intervenga nelle scelte personali e private di un individuo adulto con piena libertà di decisione? Ma capisco che questa è una domanda che coinvolge una dimensione più vasta delle mie argomentazioni precedenti e quindi la lascio cadere qui.

In conclusione non ho, né posso avere, una soluzione al vasto e complesso problema della diffusione dell’uso delle droghe, ma in questa mia breve nota ho voluto mettere in evidenza l’opportunità di cercare vie alternative al puro e semplice proibizionismo; non penso che nessuna persona di buon senso voglia, d’altra parte, semplicemente "liberalizzare" tutte le droghe, ma credo fermamente che ci sia una necessità di investigare vie alternative per cercare di ridurre l’enorme impatto che da una parte le organizzazioni criminali e dall’altra la popolazione dei consumatori di droghe hanno sulla società civile.

Ma dubito fortemente che la nostra classe politica voglia uscire dalla logica dello stato etico (o religioso?) ed affrontare con spirito laico ed in maniera pratica l’argomento; purtroppo l’élite culturale del paese ha in gran parte perduto la capacità di incidere sulle scelte della politica, e solo da essa può venire una scelta innovativa e non solo su questo argomento.

Pietro Immordino



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