Moncalieri, 4 dicembre 2017

Senatus Populusque

Ho già parlato in diversi miei scritti del periodo della Roma repubblicana, quando ad un Senato, costituito da uomini valenti che avevano molto da dare alla patria, si contrapponeva i Tribuni del Popolo, che spesso avevano poteri eguali, se non superiori, a quelli dei senatori. Questo consentiva di prendere le decisioni essenziali per la comunità alla luce dell’esperienza e della saggezza del senato, che però doveva necessariamente tenere conto degli umori popolari. Nel momento in cui nella stessa persona, o nelle stesse persone, sono concentrati i poteri decisionali e quelli dell’espressione della volontà popolare si va necessariamente prima verso il populismo e poi verso la dittatura. L’imperatore Nerone fu un grande populista, acclamato dalle masse romane ed inviso alla maggior parte degli aristocratici.

Ma non è su questo che voglio soffermarmi oggi, anche perché la dissertazione andrebbe troppo lontano, ma su una ricorrente situazione italiana, che porta uomini capaci ed integerrimi a scendere nell’agone politico fondando un proprio partito. Lo ha fatto Di Pietro, ed abbiamo visto l’implosione del suo tentativo; lo ha fatto Monti, che ha bruciato con questa azione la possibilità di un suo possibile richiamo in altri prestigiosi incarichi istituzionali; lo sta facendo Grasso, persona che tanto ha dato al paese, prima come magistrato e poi come presidente del Senato: di questo voglio parlare qui di seguito.

In astratto mi auguro che il tentativo di Pietro Grasso abbia successo nel cambiare la sconquassata situazione della politica nel paese, modificando composizione ed atteggiamento del nostro Parlamento in maniera significativa; ma nel concreto penso che questo purtroppo non accadrà, sia per la situazione generale del paese che per la composizione del nuovo soggetto politico (Liberi e uguali) e la personalità dei nuovi compagni di viaggio.

Può darsi che alla prossima elezione il nuovo partito abbia un significativo, se pur non eclatante, successo, ma non è pensabile in termini realistici che diventi non solo il primo partito, ma neppure l’ago della bilancia. Attualmente tutti i sondaggi di opinione danno in pole position la strana coalizione fra diversi messa in atto tanti anni fa da Berlusconi, all’interno della quale gli unici valori comuni sono il populismo (inteso come promessa di cose che non si possono mantenere) e la conquista del potere. Immediatamente dopo ci sono i 5 Stelle (Di Maio dovrebbe aver sostituito Grillo nella guida del partito...) con la dichiarata volontà di non fare accordi con nessuno. La terza forza parlamentare dovrebbe essere il PD a guida renziana, in rotta violenta con il nuovo soggetto politico.

All’indomani delle prossime elezioni è prevista una situazione di caos e di difficoltà a formare un governo stabile e forse qualunque governo, anche se provvisorio. Non vedo dove potrebbe collocarsi Liberi e uguali a meno di una convergenza con i 5 stelle, accettando il loro indubbio lato populistico. Quindi probabilmente il nuovo partito si troverà in un angolo senza potere contribuire alla formazione di un eventuale governo in modo cospicuo. Se si riuscirà a formare un governo, i dirigenti del partito di Grasso cercheranno tutti di darsi visibilità piena, con conseguenti attriti interni: i personaggi che hanno dato vita a questa coalizione sono abituati ad essere primi attori e mal si adeguerebbero ad un ruolo di secondo piano (stiamo parlando di Dalema, Pisapia, Bersani, ecc.). Vedo quindi un lento ed inesorabile percorso di disgregazione e spero che questo non porti alla nascita dell’ennesimo nuovo partito.

Gettando oltre lo sguardo, alle successive elezioni succederà quello che è capitato a tanti altri partiti guidati da uomini delle istituzioni che si sono messi alla testa di nuove formazioni per cambiare lo stato delle cose: una continua perdita di consensi, fino a diventare insignificanti.

Resta il dispiacere di vedere uomini che potrebbero contribuire ad una sana gestione dello stato evitando di impegnarsi direttamente nello scontro politico, attraverso ruoli istituzionali o riservandosi la figura di padri nobili di partiti esistenti, immergersi in una palude senza uscita. Forse, però, non è più tempo di senatores.

A questo punto mi chiedo cosa abbia spinto Pietro Grasso, che oltre ad essere integerrimo uomo di stato è anche avveduto politico, a fare un passo simile. Non ho risposta a questa domanda e quindi spero di avere fatto delle previsioni totalmente sbagliate. Ma chi di speranza vive, disperato muore!

Pietro Immordino

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