Moncalieri, 14 settembre 2013

I limiti della democrazia 

Con più esattezza avrei dovuto intitolare questo articolo "I limiti di questa democrazia", cioè delle forme che ha assunto la democrazia al giorno d'oggi nella grande maggioranza dei paesi occidentali. 

Partirò da lontano, dalla rilettura che ho fatto nei giorni scorsi di un articolo su Eurinome Nimbya: il paese degli immobilisti - la Torino Lione. L'articolo dell'amico Alberto è come sempre molto preciso e completo e non posso che essere d'accordo su quello che scrive; l'ho riletto dopo i recenti attentati a due ditte che lavorano alla costruzione dell'opera e ne ho tratto alcuni spunti che poi mi hanno condotto alla riflessione sulla democrazia dei giorni nostri.

Certamente nel movimento No Tav sono presenti spinte utopiche, con aspirazioni ad una realtà non raggiungibile, ma, a mio parere, è assai più presente nel movimento la spinta mitica, di ritorno ad un mondo antico, visto come perfetto ed immutabile; non voglio qui soffermarmi oltre sull'argomento, che però penso di richiamare in seguito. Quello che mi preme ora rilevare è l'assoluta incapacità della politica di gestire il problema e come questa incapacità si traduca in un danno per le popolazioni della valle di Susa, danno che coinvolge anche chi localmente ha appoggiato il movimento No Tav. Inizialmente, molti anni fa, alcuni amministratori locali hanno certamente appoggiato il rifiuto (mitico) di alcuni valligiani di fronte alla possibilità di costruire un'opera che avrebbe forse cambiato caratteristiche ed abitudini della valle; ma è interessante notare come questo rifiuto ed il relativo appoggio politico locale siano avvenuti senza in effetti conoscere di cosa si trattava in concreto, senza conoscere cioè il reale impatto delle opere sulla realtà locale. Da allora il progetto dell'opera è cambiato drasticamente, ma non è mutato l'atteggiamento di chi vi si opponeva e vi si oppone. 

Ora farò un poco di utopia anch'io, nel senso buono della parola, cioè per indicare una metà difficilmente raggiungibile, ma che può servire ad indicare il cammino da percorrere nel tentativo di migliorare la situazione. 

Inizialmente, quando si è prospettata la possibilità di costruire la Tav, la classe dirigente locale avrebbe dovuto frenare le spinte mitiche di una parte della popolazione, chiedendo, a tale scopo, informazioni precise e la partecipazione allo sviluppo della progettazione, in modo da minimizzare i danni e massimizzare i vantaggi per la propria gente. Ciò, in realtà, è stato fatto nella fase finale della progettazione da parte di alcuni sindaci della valle. Altri esponenti politici si sono arroccati sulle posizioni mitiche, pensando che questo atteggiamento gli porti qualche consenso elettorale in più.

Veniamo alla situazione odierna: i valligiani hanno perso ogni controllo sul movimento, i cui estremisti più attivi vengono da ogni parte d'Italia e d'Europa, anche per fare attentati in puro stile terroristico. Inoltre le parole d'ordine del movimento non sono più ecologiste ma economiche: l'opera non si giustifica economicamente e quindi non va realizzata: cosa importa dell'economia italiana ai terroristi che venendo dall'estero incendiano e saccheggiano la valle è da spiegare! Ma il risultato della contestazione per i valligiani appare decisamente negativo: una valle militarizzata, permanentemente percorsa da elementi pericolosi, un'economia che da questo subisce notevoli danni, ditte locali che vedono distrutte le loro attrezzature.

 Come ciliegina sulla torta, il raddoppio del tunnel automobilistico del Frejus, opera paragonabile alla Tav per dimensioni e tipologia, va avanti senza incontrare nessuna opposizione, né nella valle né altrove. Le due opere sono in qualche modo in concorrenza, tanto per il trasporto merci che passeggeri, per cui sorge spontaneo qualche dubbio, anche se per ora non è stato fatto alcun collegamento fra i disordini per la TAV e l'assoluto disinteresse per il raddoppio del Frejus.

 Bene, ora dalla valle di Susa passiamo alle considerazioni sullo stato attuale della democrazia, che sembra ormai incapace di affrontare i grandi problemi, specialmente se essi comportano tempi lunghi di attuazione.

 Come ho precedentemente scritto nel mio articolo " Democrazia difficile " una classe dirigente efficace ed utile ad un paese si distingue soprattutto per la capacità di elaborare piani strategici validi e di presentarli alla propria gente in maniera tale che essi vengano accettati. Nello stesso articolo viene detto come l'azione e la mentalità dell'attuale classe politica siano ben diverse, ed è questo l'argomento che voglio ora approfondire. La presenza di una classe dirigente (non solo politica) volta solo alla gestione del quotidiano porta certamente nel lungo termine alla rovina del paese che essa dovrebbe dirigere.

 Ed è questo il punto: le classi politiche attuali dirigono in effetti i loro paesi o seguono gli umori estemporanei delle popolazioni, magari solleticandone le tendenze irrazionali a puro scopo elettorale? Una risposta evidente a questa domanda è l'ormai convalidato uso del sondaggio: il sondaggio, ossia il tentativo di conoscere le reazioni della popolazione in merito a fatti e persone, è un mezzo validissimo se usato correttamente, ma diventa pericolosissimo se usato in maniera impropria, soprattutto se viene usato non per conoscere, ma per indirizzare l'opinione pubblica. Non sono un esperto del settore e quindi non mi dilungherò sull'argomento, ma appare evidente che la forma delle domande poste durante un sondaggio può influenzare in maniera determinante le risposte e quindi presentare al pubblico una situazione differente a seconda di come sono state concepite le forme del sondaggio stesso.

 Ma veniamo all'uso corrente dei sondaggi: il risultato in genere viene utilizzato al solo scopo di elaborare proposte che portino ad un consenso facile ed immediato. Togliere la tassa sulla casa (ICI prima, IMU poi) indubbiamente porta ad un vantaggio per chi propone questa azione; spiegare la complessità di un sistema economico moderno e la necessità di imporre o togliere certe tassazione invece di altre è una faccenda molto più complessa, che non porta alcun vantaggio in termini di consenso immediato. Allora.. allora faccio un sondaggio sull'IMU e, dato che la maggioranza degli Italiani vuole che questa tassa sia tolta, ne faccio un cavallo di battaglia per ottenere consensi. Pochi elettori hanno la capacità e la possibilità di volere rinunciare ad un vantaggio immediato (vero o presunto) per perseguire un obiettivo complesso e lontano nel tempo.

 L'uso del sondaggio per elaborare proposte di breve respiro, ma elettoralmente conveniente è, a mio parere, uno dei sintomi della mancanza di credibilità e autorevolezza delle classi politiche attuali (non solo italiane). L'incapacità o la mancanza di volontà di elaborare progetti validi e complessi porta ad inseguire i desideri contingenti dell'elettorato, anche se sconvenienti per il benessere del sistema. D'altronde una classe dirigente poco autorevole ha scarse possibilità di convincere la popolazione della validità e utilità delle sue proposte. Diventa così sempre più difficile realizzare progetti di grande rilevanza e di lunga durata in assenza dei quali una civiltà rischia di impantanarsi e di arretrare. 

Un altr grosso problema per le odierne democrazie è lo strapotere acquisito dalla finanza in campo mondiale. Negli USA, ritenuti un esempio di democrazia, il presidente eletto è colui che ha raccolto i maggiori fondi per la sua campagna. Di Obama si è detto che i suoi fondi elettorali provenivano in buona parte da donazioni di 10 $ da parte di operai, ma questo significa che Bill Gates potrebbe, se volesse, pesare tranquillamente sul piatto della bilancia come molti milioni di operai. Dalla crisi argentina del 2002 alla recente crisi greca viene fuori con evidenza il peso decisivo degli istituzioni sovranazionali e dei grandi organismi finanziari sui destini degli stati e l'incapacità della classe politica di questi stati di agire autonomamente. 

Anche le organizzazioni private hanno un potere enorme, quasi incontrastabile, sulle decisioni politiche. A solo titolo di esempio citerò l'influenza dei fondi degli S.U. sui tassi di interessi dei debiti sovrani. Sembra quasi assurdo che il destino di una nazione possa dipendere dai tassi di interesse praticati sul suo debito, ma i governanti locali hanno ormai come loro obiettivo principale (e come loro incubo) questo parametro, specie nei paesi, come il nostro, con un alto debito. Dovere destinare una parte ingenti delle risorse statali al pagamento degli interessi sul debito pregiudica evidentemente la libertà dell'azione di governo. 

Le grandi multinazionali poi possiedono una capacità di pressione enorme, basata sulla possibilità di creare o distruggere un gran numero di posti di lavoro, spostando le proprie produzioni da un paese all'altro. Questo evidentemente comporta una notevole capacità di questi organismi di influenzare le legislazione in campo sociale, fiscale, ambientale.... 

In sintesi, la capacità dei governi nazionali di agire in libertà all'interno dei propri paesi è limitata da due fattori principali: il primo, e, a mio parere, il più importante, è la bassa qualità delle classi dirigenti attuali; il secondo lo strapotere degli enti finanziari ed economici. É da notare che finanza ed economia si sono organizzate ormai su scala mondiale, potendosi muovere in libertà fra un paese ed un altro per trovare, od indurre, le condizioni per loro più favorevoli. Gli organismi politici sono ancora organizzati su scala nazionale, tendente spesso ad ulteriore frammentazione, con scarsi ed incerti tentativi di integrazione a scala più larga. Questa situazione causa un evidente squilibrio nei rapporti di forza fra organismi economico-finanziari e organismi politici, potendo i primi fare pressione in maniera diretta sui singoli stati, mentre gli stati possono essere assai poco incisivi su organizzazioni che si muovono praticamente senza vincoli in ogni parte del mondo. 

Resta a questo punto da capire perché la classe politica mondiale sia decaduta al punto attuale, ma questo è un argomento complesso a cui per ora non mi sento di rispondere appieno. Il risultato del decadimento delle classi dirigenti è però chiaro: mancanza di progetti nel lungo termine, ricerca del consenso facile ed immediato con ricette essenzialmente immobiliste (mitiche, come dicevo all'inizio), dipendenza della politica dai fatti economici e finanziari, che invece dovrebbero dalla politica dipendere.

Ma perché non fare un po' di sana utopia? In tutte le nazioni esiste una parte sana, colta ed efficiente: questa parte deve serrare i ranghi, sottrarsi alle lusinghe dei guadagni facili e immediati, cominciare a pensare al futuro dei propri figli e nipoti e mettersi alla guida del paese. Per troppi anni la politica è stata da molti ritenuta una attività da lasciare in mano alle persone di pochi scrupoli e quindi abbandonata dalle persone di maggiore dirittura morale. Penso che sia ora di cambiare drasticamente atteggiamento. 

Tutto questo è però possibile solo se la popolazione comprende la necessità di un tale cambiamento e, a tale scopo sono essenziali istruzione e media, cioè scuole ed università efficienti, informazione corretta, libera e di facile accesso. 

Ma mi accorgo di avere aperto un ulteriore argomento difficile e complesso e quindi penso sia meglio chiudere qui questa mia nota. 

Pietro Immordino

 

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