Moncalieri, 18 febbraio 2014

Cosa fare

Dopo la pubblicazione del mio articolo sulla legge elettorale ho ricevuto dagli amici Corrado e Fiorenzo due e-mail in cui essenzialmente si stigmatizzava la triste situazione politica e sociale dell'Italia. Ho dato loro una breve risposta, affermando che molti Italiani condividono le loro opinioni, ma che il vero problema é quello di trovare le soluzioni attendibili e praticabili per uscire dal pantano attuale.

Questa mia nota amplia quella mia risposta e, in gran parte, rispecchia le opinioni degli amici.

Voglio evitare di parlare ancora dei politici: troppo facile e ovvio dire male della massima parte dei nostri rappresentanti. Mi preme ora, per prima cosa, parlare degli altri: industriali, dirigenti, professionisti, artigiani, persone comuni. Naturalmente mi riferirò a comportamenti largamente presenti in tutte le categorie sopra elencate, ma che certamente hanno avuto notevoli ed encomiabili eccezioni.

Cominciamo dagli industriali: quanti di essi devono le loro fortune agli appoggi politici, agli appalti truccati, alle bustarelle, alle connivenze e/o sottomissione alla malavita, all'evasione fiscale, allo sfruttamento della manodopera in nero, ecc. . E dove erano le loro organizzazioni che per molti decenni hanno praticamente ignorato le malefatte di molte aziende, non permettendo una reale e sana competizione fra di esse? Ma ora sembra che tutte le aziende siano vissute sulla luna e che siano solamente e semplicemente vittime dei politici. Detto questo occorre anche aggiungere che in molti casi gli imprenditori onesti hanno dovuto piegare la testa ed adeguarsi al sistema per far sopravvivere le proprie aziende.

Quanti dirigenti privati hanno creato le loro fortune aziendali agganciando un politico, inventando ingegnosi sistemi per truccare un bilancio o per fare false fatturazioni, risparmiando sui sistemi di sicurezza o su quelli ecologici, ecc. . Ma anche qui spesso la scelta é stata dettata dalla sopravvivenza in azienda. Certamente non migliore é stata la situazione fra i dirigenti pubblici, di nomina diretta da parte dei politici e quindi scelti più sulla base dell'appartenenza che su quella della competenza; ma, ancora una volta, per la persona onesta la scelta era o di rinunziare alla nomina o di piegarsi al sistema.

Considerazioni analoghe valgono per i professionisti che hanno voluto lavorare nel settore pubblico o per gli artigiani: per esempio, poteva un artigiano avere i dipendenti in regola, pagare tutte le tasse dovute e contemporaneamente competere con chi non stava alle regole?

E che dire dei molti cittadini che hanno dato il loro appoggio al politico di turno, in cambio di piccoli e grandi favori personali? Ma in molte situazioni, specie nelle zone più disagiate del nostro paese, un posto di lavoro, ad esempio, poteva significare la sopravvivenza per sé e la propria famiglia.

Insomma, le responsabilità dei singoli vanno inquadrate all'interno di un sistema fuorviante, dal quale non si può pensare di uscire in maniera semplicistica con soluzioni miracolistiche. Le soluzioni alla Grillo " otteniamo il 100% del parlamento e cambiamo tutto", con una sorta di assemblea costituente a tempo, si infrangeranno contro la volontà dei molti che hanno troppo da perdere da un cambiamento drastico ed incerto nei risultati; oltre, naturalmente, a puzzare tanto di tentativo di regime.

Non certo in tasca la soluzione del problema, ma voglio provare a fare alcune riflessioni, che ritengo utili per intraprendere una strada adatta ad uscire dalla palude nella quale ci troviamo.

Molti Italiani hanno tentato di osservare le regole della convivenza civile e si sono opposti alle devianze, pagandone in qualche caso pesanti prezzi in termine di esclusione dalla vita lavorativo o da quella sociale. Queste persone dovrebbero avere la forza e la costanza per creare il nucleo forte attorno al quale far nascere le condizioni per iniziare il miglioramento della situazione. Concretamente, ci sono già stati tentativi in questa direzione, ma tali tentativi si sono presto esauriti per mancanza di una leadership sicura e riconosciuta. Penso, per esempio, al movimento dei girotondi, che pure aveva avuto adesioni di notevole valore, ma del quale ormai si è quasi perso il ricordo.

Forse merita attenzione il mancato successo di iniziative di tal fatta. A mio parere ci sono tre motivi fondamentali per cui movimenti, anche dotati di notevoli possibilità di successo, non riescono a proseguire a lungo nella loro marcia. Il primo di tali motivi è la carenza di organizzazione: allo stato iniziale si possono organizzare manifestazioni pubbliche e dibattiti con il passaparola sui social network o con messaggi telefonici, mentre pochi aderenti provvedono alle incombenze pratiche necessarie (autorizzazioni, qualche striscione di immagine, ecc.); ma questo meccanismo non può durare a lungo, visto anche quanto dirò subito dopo. In secondo luogo, i rappresentanti della società civile hanno da sbarcare il lunario, da badare alla famiglia e ai loro problemi spiccioli; nel breve tempo si possono trascurare le proprie incombenze, ma nel lungo termine quest'ultime diventano ineludibili. A mio parere, però, il motivo principale di fallimento dei tentativi di aggregazione della società civile sta, paradossalmente, nella stessa onesta intellettuale largamente diffusa fra i partecipanti. Chi considera sacre le proprie idee difficilmente ne sacrificherà una parte allo scopo di consentire il superamento di un momento critico contingente alleandosi con altri individui, magari anch'essi onesti intellettualmente, ma con idee sociali o politiche o etiche differenti. I movimenti con persone troppo intellettualmente esigenti si frantumano, pertanto, alla prima scelta pratica da fare e non sono capaci di mediare al loro interno. Chi ha minori remore morali ha una più forte capacità di aggregazione attorno ad obiettivi comuni, specie se uno degli obiettivi è quello di acquisire potere o spartirsi una torta.

C'è ancora un altro argomento di cui voglio parlare: la maniera di acquisire leadership: nel passato il leader cominciava ad acquisire la riconoscimento e autorità all'interno di un gruppo ristretto, estendendo la propria capacità di guida, a seconda delle sue capacità, a gruppi sempre più numerosi. Con ciò, per prima cosa, era certamente ben conosciuto dai componenti il nucleo iniziale; inoltre subiva il vaglio di altri leader con cui necessariamente doveva venire a contatto, in un rapporto inizialmente paritario, man mano che estendeva la sua influenza. Oggigiorno un leader nasce soprattutto in virtù delle sue capacità mediatiche, senza subire alcun vaglio preventivo sulla sua capacità ed etica. Questo porta, a mio parere, alla scelta di leader politicamente meno preparati ed eticamente sconosciuti. Per questo motivo, come ho scritto ne La legge elettorale, sono favorevole ai listini bloccati con primarie obbligatorie e normate dalla legge; molti si sono dimenticati dei costi e dei guasti delle preferenze.

Ma veniamo infine al motivo che ha ispirato questo mio scritto, cioè alla possibilità di mettere in atto delle azioni concrete per cambiare strada. La via da seguire è l'impegno della parte sana della popolazione per cambiare il sistema: via certamente ardua e costosa in termini di impegno. Non credo, come ho detto più volte, ai sistemi miracolistici ed immediati: le rivoluzioni partono con i Robespierre e, passando attraverso Napoleone, finiscono col tornare ai Borbone. Dunque impegno e costanza sono essenziali per uscire dalla palude. Ma concretamente? Concretamente credo che un piccolo esempio di quello che si può fare è discutere le soluzioni possibili all'interno di gruppi ristretti i cui componenti si conoscono bene fra di loro, tentare di elaborare delle soluzioni e confrontarle con quelle elaborate da altri gruppi consimili. Non è l'uovo di Colombo, è quanto si faceva una volta all'interno delle sezioni di partito, ora destinate solo ad approvare le decisioni del capo, indiscutibili ed in genere indiscusse. Quel che è cambiato al giorno d'oggi è la difficoltà di molti a partecipare ad incontri frequenti, sia per mancanza di tempo che per problemi logistici. Questo problema, però, si può in gran parte superare con l'uso del l'uso del web, che è in questo momento adoperato come cassa di risonanza o come mezzo di persuasione occulta da tanti politici, Grillo in testa.. In fondo, la via che propongo è quella che ho seguito mettendo in piedi questo mio sito, rivolto ad una piccola cerchia di amici, collegandolo anche, di tanto in tanto con altri siti analoghi. A questo punto, però, mi viene il dubbio di avere impostato male il mezzo e che forse era preferibile creare un blog, che consente ai lettori brevi ed immediati interventi ed evitare di produrre degli scritti a senso unico. Su questo chiedo a chi mi legge di farmi la cortesia di darmi un parere.

Insomma, non risolviamo in pochi mesi i problemi della diseducazione civica dell'Italia, frutto di più di una generazione di guasti ideologici, ma occorre un lento e paziente lavoro di ricostruzione civile ed etica.

Ho iniziato a scrivere questo articolo una decina di giorni fa e nel frattempo è successo una novità: un leader di partito ha portato via la seggiola di primo ministro ad un rappresentante dello stesso partito. Una bella novità, se non ricordo male è quanto si faceva con regolarità nella DC della prima Repubblica! Ma Renzi risolverà tutto in pochi mesi: speriamo che non combini guai ancora peggiori, perché ho l'impressione che l'Italia sia proprio alla frutta.

Pietro Immordino 



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