Moncalieri, 21 febbraio 2015


Gli appalti pubblici

Da parecchi giorni non scrivo nulla, non perché mi manchino gli argomenti ma perché, al contrario, ci sono troppe cose che mi frullano in testa. Mi accingo a scrivere di questo argomento a causa dei recenti avvenimenti, che hanno fatto emergere un sistema organizzato per la gestione degli appalti pubblici; nel campo degli appalti pubblici io ho lavorato per parecchi anni e, quindi, ho anche una visione del problema dall'interno.

La prima cosa di cui posso dare contezza è l'estrema complicazione della legislatura sull'argomento: è impossibile dare luogo ad un bando pubblico senza l'appoggio di un agguerrito studio di avvocati. Questo comporta, evidentemente, un costo aggiuntivo all'appalto e dei tempi dilatati. Inoltre, anche nei casi di bandi eseguiti con molta cura per la parte legale, niente impedisce che uno dei partecipanti non vincitori faccia ricorso immediatamente dopo l'aggiudicazione, ritardando in ogni caso considerevolmente l'avvio dei lavori. Quindi già la legislazione attuale è causa di notevoli danni per l'esecuzione di opere pubbliche; non essendo io un giurista, non mi sembra opportuno approfondire questo argomento, ma voglio invece esaminare situazioni generalizzate, che certo sono frutto anche della legislazione.

Come conseguenza della complicazione legislativa anche le ditte partecipanti hanno un aggravio di costi, dovendo esse stesse essere in grado di esaminare tutti gli aspetti legali dell'appalto, ma soprattutto sono spinte ad un consorziamento di fatto per evitare di incorrere in un blocco dei lavori in caso di vittoria, dovuto al ricorso di uno qualsiasi degli altri concorrenti. Nella realtà la complicazione legislativa rende più conveniente l'accordo fra le aziende interessate a certi tipi di lavoro: se oggi tu non fai ricorso a me, io domani non lo faccio a te.

La presenza di molte regole dettagliatissime viene spesso indicata come un tentativo di evitare gli abusi: ma questo è vero? Risponderò parlando della mia esperienza personale in lunghi anni di lavoro nel settore. Io sono arci-sicuro di avere agito sempre non solo secondo la legge, con l'apporto decisivo di un valido studio di avvocati, ma anche secondo la massima correttezza personale. Se, però, mi si chiede se sono sicuro che tutte le gare che ho preparato siano state esenti da inquinamenti, non sono altrettanto certo della risposta. Cercherò di spiegarne i motivi con degli esempi ipotetici, non avendo io certo da portare degli esempi reali, poiché questo comporterebbe in ogni caso un mio coinvolgimento, almeno passivo. Se in una delle gare da me preparate le ditte partecipanti si fossero preventivamente accordate fra di loro, ogni attenzione da parte mia sarebbe stata evidentemente inutile. Ciò non è poi così difficile, come si potrebbe credere: innanzitutto, specialmente in alcuni settori specialistici, le ditte che possono partecipare ad una gara pubblica sono in numero limitato (a questo proposito parlerò più avanti dei capitolati tecnici); inoltre c'è già in genere una certa suddivisione, direi automatica, in base alle zone d'influenza delle singole ditte. Se poi, come si è ipotizzato in questi giorni, c'è un sistema che regola il tutto dall'alto, si comprende bene che è impossibile giurare sulla regolarità di una gara.

Voglio ora parlare dell'importanza del capitolato tecnico nell'ambito di una gara.

Un capitolato tecnico, cioè l'insieme dei documenti tecnici posti a base di gara, dovrebbe essere il più completo e preciso possibile, per evitare le cosiddette “varianti in corso d'opera”; si tratta di tutte le variazioni al progetto iniziale che la ditta aggiudicataria apporta, con l'approvazione del committente, previa dimostrazione di una carenza del progetto; carenza che può essere originaria (progetto mal eseguito) o sopravvenuta, cioè dovuta a circostanze imprevedibili in fase di progetto iniziale. Se il progetto posto a base di gara è accurato e completo, la prima delle ipotesi non si dovrebbe mai verificare, ed invece... Per evitare, o almeno rendere poco probabile, questa circostanza l'unica via percorribile è la responsabilizzazione del progettista: chi progetta un lavoro pubblico risponde dei danni causati da errori o mancanze del progetto. E qui mi viene in mente quanto in questi giorni si è detto sulla direzione lavori: chi controlla il corretto avanzamento dei lavori non deve in nessun modo essere collegato alla ditta che esegue il lavoro, ma neppure al progettista. Solo così potrà eseguire il suo compito di controllo in piena libertà; ma nella realtà...

Il capitolato tecnico ha poi l'importantissima funzione di selezionare dal punto di vista tecnico le ditte in grado di partecipare ad una gara; senza scendere nel dettaglio dei vari tipi di gara, la definizione tecnica di materiali, attrezzature, procedure di fatto spesso seleziona un ristretto numero di ditte che hanno i requisiti di partecipazione.

Vorrei concludere brevemente: è certo necessario un intervento legislativo sugli appalti pubblici, ma questo non serve certo a risolvere il problema di una assenza di osservanza delle regole, che è diventata sistema. Solo se la nostra nazione (e non a caso uso il termine nazione e non stato) riacquisterà il senso dei valori di riferimento del vivere civile questo e tutti gli altri problemi di cattivo funzionamento del nostro paese potranno essere avviati a soluzione.

Ancora una nota: anche in questo caso bisogna evitare di fare di tutta l'erba un fascio. In un sistema deviato collaudato e complesso la singola persona onesta può essere non solo accettata, ma anche ritenuta utile per il raggiungimento degli scopi della devianza; insomma un”utile idiota” che fa rispettare formalmente le leggi, dando un'apparente copertura senza intralciare l'ottenimento degli scopi scorretti.


Pietro Immordino


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