Moncalieri, 9 aprile 2016

Spettacolo

Quando ho saputo che Vespa avrebbe invitato al suo show il figlio di Toto Riina ho immediatamente avuto una reazione: non darò neppure la consueta occhiata rapida che in genere riservo a tutti i talk show, tanto per sapere di cosa parlano. Ritenevo, e ritengo, che questo comportamento sia il migliore possibile per evitare che i conduttori di queste trasmissioni, conduttori che si definiscono e vengono definiti giornalisti, ma che in realtà sono spesso solo uomini di spettacolo, vadano fuori dal seminato. L’unica cosa che interessa a chi fa questo mestiere è l’audience e pertanto la diminuzione degli spettatori è il loro nervo scoperto. Ricordate cosa diceva Santoro, a sua discolpa e a suo vanto, dopo la trasmissione in cui aveva permesso a Berlusconi di eseguire il suo show con tranquillità? “Ho fatto 9 milioni di spettatori” e meno male che la sua trasmissione si chiamava Servizio Pubblico.

Poi, forzatamente in quanto la faccenda è stata ripresa in tutte la salse da tutti i media, sono venuto a conoscenza di brani del contenuto delle dichiarazioni del figlio di Riina; e sono rimasto esterrefatto. E’ possibile che una persona dell’esperienza, capacità intellettuale, con larghe conoscenze in tutti i settori qual’è Vespa non si sia reso conto di cosa stava combinando? Chiunque abbia sia pure una vaga conoscenza del fenomeno mafioso sa che i simboli e le esibizioni sono l’umus attraverso il quale i mafiosi alimentano la leggenda della loro valenza sociale: uno spietato assassino viene presentato come un padre premuroso ed affettuoso. Che tipo di messaggio si vuole mandare?

La mia attenzione ai fatti è aumentata quando un noto politico, Maurizio Gasparri, ha ricordato che nessuno era insorto quando Santoro aveva intervistato il figlio di Ciancimino. Ora, a prescindere dal fatto che Ciancimino padre era tutt’altro che uno stinco di santo, ma non aveva ammazzato né ordinato di ammazzare centinaia di persone, i contesti delle due interviste sono totalmente diversi. Nel caso del figlio di Ciancimino era in corso un processo contro lo stesso, nel quale egli faceva dichiarazioni di rilevante interesse giornalistico: tentare di capirne di più aveva un senso. Non vedo che interesse, se non di puro spettacolo, possa suscitare l’intervista al Riina, intervista che ha come non irrilevante conseguenza quella di promuovere anche il suo libro.

Dulcis in fundo, non mi è sembrato che ci sia una decisa levata di scudi da parte del governo e specificatamente del premier; di conseguenza continuo a chiedermi che segnale si è voluto dare in questa vicenda.



Pietro Immordino

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