Moncalieri, 21 luglio 2016

La tempesta perfetta

1-Il terrorismo

Come ho già detto nel mio scritto precedente Nizza:li fermeremo? era facile prevedere che singoli pazzoidi o gruppi di sbandati fossero attirati dall’idea di compiere attentati dal forte impatto mediatico con il solo vero scopo di mettersi sotto i riflettori dei media: è capitato in Francia, in Germania ed anche in Italia, a Ravenna. Le reazioni a questi attentati sono purtroppo facilmente prevedibili, e non certo molto piacevoli da esaminare. A parte la naturale reazione popolare di paura, i ripetuti attentati daranno nuovo fiato alle dichiarazioni insensate di tutti quei capipopolo che da questi fatti pensano di potere trarre vantaggio in termini di popolarità e di aumento del consenso. Così continueranno le scriteriate richieste di pugno duro verso i migranti, identificati tout court con i musulmani, di ricacciarli in casa loro (come non lo spiegano mai), di chiudere tutti i luoghi di culto non cristiani, ecc. . Questi atteggiamenti non possono non avere come conseguenza un forte risentimento di quei migranti (continuo a chiamarli così per semplicità) che si sentono repressi ed emarginati; niente di più facile che alcuni di essi, i più instabili, siano portati alla violenza. Violenza che creerà nuove paure e nuove accuse all’intera comunità dei migranti, innescando un loop che rischia di continuare a lungo, con tragiche conseguenze. Chi sa se i vari Salvini sparsi per l’Europa (e anche negli U.S.A.) si rendono conto dei probabili risultati di un simile atteggiamento.

2- La politica europea verso i migranti

Avrei dovuto, forse, scrivere la non politica, perché in realtà l’Europa non esiste come entità politica ed ognuno dei suoi stati procede in ordine sparso, magari con azioni che forzano la mano agli altri stati europei; questo è stato, per esempio, il caso dello sciagurato intervento contro Gheddafi. Generalmente, però, la posizione dell’Europa è quella di non fare nulla, subendo passivamente gli avvenimenti, mentre ogni stato spera che i problemi colpiscano solo gli altri stati. Quando i flussi dei migranti si concentravano nell’Italia meridionale, la rimanente Europa si voltava da un’altra parte ed è rimasta voltata finché non sono cambiate le rotte migratorie, interessando molti paesi. Non è, però, che l’Italia si sia comportata bene nel frattempo: invece di battere i pugni a Bruxelles per definire una politica comune per gestire i flussi migratori, trovava più facile la furbesca soluzione di favorire di fatto il passaggio clandestino dei migranti dal suo territorio a quelli degli stati vicini. Oggi il problema è gigantesco, poiché si sono formate molteplici organizzazioni criminali internazionali che hanno tratto dalla gestione dei viaggi di moltitudini di disperati guadagni immensi e non hanno certo intenzione di mollare la presa. L’idea, avanzata con ritardo e mai messa in atto seriamente, di tentare di fermare il flusso dei disperati nei loro paesi di origine, o in quelli immediatamente vicini, è ora molto più difficile e costosa rispetto al passato. L’unico risultato messo in atto è stato di pagare profumatamente la Turchia per impedire ai fuggitivi di entrare in Europa. Già, la Turchia: ma della Turchia parlerò ancora più avanti; per il momento posso solo dire che anche per la questione migranti non si vede alcuna soluzione.

3-La debolezza strategica

Il non decidere e lo sperare nella provvidenza ha un costo, un costo molto elevato. La Turchia è un paese della NATO ed era un indispensabile baluardo contro l’impero sovietico; l’Unione Europea ha considerato e considera tuttora, la possibilità che questo paese diventi membro dell’Unione. Già, tutto normale: peccato che in questi giorni si parla di un possibile riavvicinamento di Erdogan a Putin (fra zar è facile accordarsi) e nel frattempo è in atto in Turchia una repressione del dissenso che è difficile fare accettare all’opinione pubblica europea. La Turchia ha una posizione strategica, come ponte fra l’Europa e l’Asia Minore, di massima importanza: al momento sta frenando i flussi migratori dalla Siria verso l’Europa ed è necessaria come base militare per la lotta all’Isis. Già, ma in realtà per lungo tempo le rotte turche sono state liberamente utilizzate dai foreign fighters per alimentare le truppe dell’Isis, mentre la Turchia, a dir poco, si voltava dall’altra parte, preoccupata solamente di bombardare i Curdi, che per lungo tempo sono stati gli unici e veri avversari dell’Isis. La conseguenza di questa situazione è che Erdogan può ricattare con facilità gli Europei, facendo leva sulla necessità della sua collaborazione sia per il problema dei profughi che per la questione Isis (e per il conseguente terrorismo). In cambio chiederà mano libera contro i Curdi e contro l’opposizione interna, e la otterrà, anche se mai chiaramente e formalmente.

L’Egitto è la più grande incognita del Mediterraneo. Come conseguenza di una popolazione di oltre 80 milioni di abitanti e del fatto che si affaccia direttamente sul Mediterraneo, un’eventuale destabilizzazione di quel paese darebbe luogo a problemi molto più grandi di quelli che stiamo vivendo a causa della guerra in Siria e nelle regioni sub-sahariane. La storia e l’attualità insegnano che i tentativi di esportare in quel paese la democrazia di tipo occidentale portano solo all’affermazione di movimenti musulmani, che poco hanno a che fare con la democrazia, come concepita dagli occidentali. Il generale al-Sisi rappresenta per ora un appoggio insostituibile contro la degenerazione del potere in Egitto; per questo mi ha stupito e mi stupisce la reazione del governo italiano per il caso Regeni: reazione di inconsueta forza e tempestività rispetto a casi analoghi. Eventuali sanzioni contro l’Egitto si verrebbero solo a ripercuotere pesantemente e dannosamente sul bacino del Mediterraneo e specialmente su di noi. Il decremento dei flussi turistici fra l’Italia e l’Egitto rischia di causare grossi problemi economici a quel paese; l’effetto di questi problemi non sarà certo quello di portare ad una soluzione del caso Regeni, ma ad una destabilizzazione del paese, con conseguenti fenomeni di rigetto verso i paesi occidentali.

L’illegalità italiana

Il rispetto delle regole della convivenza civile in Italia è molto basso; questo fatto viene spesso stranamente sottovalutato dalla dirigenza politica, ma anche dalla popolazione, che non ne avverte i reali rischi nel breve e nel lungo periodo.

Parlando di illegalità italiana non si può non cominciare dalla invasiva presenza della criminalità organizzata, che, come un cancro, si è allargata dalle regioni di origine a tutto il paese. La cosa che mi colpisce di più in questa espansione è l’assoluta sottovalutazione del problema che esiste nelle regioni del Centro-Nord. La causa del sottosviluppo del Sud è in buona parte dovuta alla impossibilità di fare impresa senza venire a patti e/o essere condizionati dalla onnipresenza del fenomeno criminale. La cosa peggiore è che l’intervento della legge per contrastare una organizzazione criminale viene spesso percepito dalla realtà locale come dannoso per l’economia: per esempio, il sequestro di un’azienda di proprietà di un capo criminale porta quasi inevitabilmente alla chiusura della stessa azienda, con perdita di posti di lavoro. Occorrerebbe una azione molto più efficace dello stato per evitare queste conseguenze nefaste. L’economia di un paese condizionata in gran parte dall’azione di gruppi criminali non è in grado di competere sul mercato mondiale; ma non pare che combattere la criminalità organizzata sia una priorità impellente per la classe politica.

L’illegalità non è certo solo quella messa in atto dalla criminalità organizzata; è un fenomeno diffuso a tutti i livelli e in tutte le categorie. I politici sono la punta dell’iceberg; ma magistrati, alti manager privati, alti burocrati, poliziotti riempiono spesso le cronache con i loro comportamenti scorretti. La forma più pericolosa e più comune di illegalità è quella della gente comune, che quasi ormai accetta come normale i comportamenti illegali. La massima evidenza di questa anomalia italiana è venuta fuori dalle inchieste sull’assenteismo nella pubblica amministrazione. Ho tentato di capire come mai si debba arrivare ad inchieste condotte dalle forze dell’ordine per scoprire devianze di questo tipo e la risposta è stata sconsolante: se gli uffici pubblici rimangono vuoti non c’è solo una responsabilità della dirigenza, spesso anch’essa compartecipe dell’assenteismo, o della politica, ma anche degli stessi cittadini, per inerzia o per inconsapevolezza. Come è possibile che i dipendenti di un piccolo comune disertino regolarmente gli uffici senza che i cittadini se ne accorgano e mettano questa diserzione in relazione con la mancanza di servizi da loro subita? La cosa più sorprendente è che questo tipo di illegalità viene percepita ormai quasi come un diritto da chi la esercita: i dipendenti che continuano nella loro pratica illegale pur avendo coscienza delle indagini in corso (gente che nasconde la propria faccia o che tenta di distruggere la videocamera quando si accorge della sua presenza) è qualcosa che mostra come una fetta della popolazione italiana ormai se ne infischi delle regole. Ma può un paese moderno progredire e competere a livello internazionale senza alcun rispetto per le regole?

Triste conclusione

Tempesta perfetta è il titolo di un film, in cui viene raccontata la convergenza di una serie di fenomeni atmosferici negativi e comportamenti umani che portano al disastro. In questo periodo sono in atto una serie di trasformazioni a livello mondiale e locale il cui esito rischia di essere disastroso per il nostro paese; di questi eventi ne ho voluto citare solo alcuni (ho, per esempio, volutamente tralasciato di occuparmi dei paesi emergenti) ed in maniera succinta ed approssimata. La conclusione sullo stato dei fatti è negativa, ma vuole essere anche uno sprone a tentare di migliorare la situazione. In questo momento l’attenzione di politici, media, opinione pubblica è tutta concentrata su referendum per la costituzione, legge elettorale, avanzata del (ex)movimento 5S. I grandi problemi che decideranno della nostra sorte futura sembrano passare in secondo (od in terzo) piano. Forse sarebbe più opportuno dedicarsi a questi problemi con più attenzione, ad evitare di dovere recriminare in futuro senza costrutto sul perché della decadenza dell’Italia.

Pietro Immordino

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