Moncalieri, 7 gennaio 2018

La decrescita demografica

Qualche volta, quando vado a prendere a scuola qualche nipotino o quando li accompagno ad un parco giochi, mi è capitato di fare una battuta, rivolta ad altri nonni, sulla costituzione italiana reale, il cui primo articolo recita: “L’Italia è una repubblica fondata sui nonni”. Difatti le giovani coppie (ohimè sempre meno giovani!) che scelgono di avere un figlio debbono per forza affidarsi all’aiuto dei nonni per potere gestire la situazione, economica e organizzativa. Ho detto “è una repubblica”, ma in realtà avrei dovuto dire “dovrebbe essere una repubblica”, in quanto molti anziani non sono nonni o sono nonni di un solo o due nipotini, come conseguenza della scarsa natalità in Italia.

Sento discutere spesso, sui media o per la strada, dei problemi che affliggono l’Italia; ma raramente di quello che io ritengo essere il problema fondamentale, dal quale tutti gli altri dipendono: la mancanza di una numericamente sufficiente classe giovanile. In assenza di giovani si creano le condizioni per cui emergono, o si aggravano, tutte le altre patologie che affliggono il nostro paese.

Molti concittadini avvertono i fenomeni immigrativi come un evento nefasto, da evitare in ogni modo; qualcuno di essi, però, utilizza una badante straniera per accudire qualche congiunto, una colf straniera per fare le pulizie, un muratore o un imbianchino straniero per le incombenze casalinghe. Personalmente, spesso mi trovo ad utilizzare artigiani italiani quasi miei coetanei, perché manca un numero sufficienti di giovani italiani che si dedicano alle attività manuali. L’immigrazione attuale non dipende certo esclusivamente, come tutti sappiamo, dal fatto che in Italia abbiamo bisogno di giovani per il mondo del lavoro, ma certamente la mancanza di giovani costituisce un incentivo notevole al richiamo di persone dall’estero.

Altro problema che dipende direttamente dalla mancanza di classi lavoratrici giovani è quello relativo al costo del sistema pensionistico e alla regolamentazione dei regimi relativi. Non penso proprio che in presenza di una numerosa classe giovanile si sarebbe pensato di aumentare l’età pensionabile, con una massa consistente di giovani che preme per un posto di lavoro; che, poi, l’elevazione dell’età pensionabile causi disoccupazione giovanile è un’altra storia, ma certamente la mancanza di ricambi nei posti di lavoro non può che mettere in crisi il sistema pensionistico.

Ci sono altre conseguenze non evidenti, ma importantissimi, della mancanza di giovani. Io appartengo alla generazione che era giovane nel ‘68, generazione che in quegli anni ha cambiato il mondo; è difficile spiegare ad un giovane di oggi le trasformazioni radicali di quegli anni, nel lavoro, nella famiglia, nei comportamenti sociali; ma tali cambiamenti furono importantissime per lo sviluppo dell’umanità. Oggi non sarebbe possibile un nuovo ‘68 , semplicemente perché i giovani sono pochi e non costituiscono una massa d’urto sufficiente a smuovere la situazione esistente. Così i giovani più dotati ed intraprendenti scelgono la via di fuga nella ricerca di un lavoro all’estero.

Soprattutto la sclerotizzazione dell’apparato produttivo ed amministrativo porta ad un'immobilizzazione del sistema Italia: quando ci si chiede perché la crisi in Italia è stata più forte che negli altri stati europei e perché la nostra ripresa sia più lenta la risposta immediata è che senza giovani non si fa innovazione e senza innovazione non si va da nessuna parte nel mondo moderno; ancora, se si perdono i pochi giovani validi il problema diventa sempre più grave e non ammette soluzioni.

Ho fatto un breve cenno ad alcuni dei problemi derivanti dalla mancata crescita demografica ed ora voglio sottolineare come di questo grave situazione la politica si occupi molto poco: ad alzare, o a far finta di alzare, la voce di tanto in tanto sono quasi esclusivamente politici che si richiamano all’area cattolica, politici che lo fanno in nome di un’ideologia religiosa, per raccattare qualche voto. Ben altro impegno meriterebbe il problema, ma, come purtroppo spesso accade, l’attenzione si rivolge spesso a questioni assolutamente irrilevanti trascurando quelle essenziali per la crescita del paese.

Purtroppo, come succede per tanti altri fatti, lasciare incancrenire i problemi li rende di difficile soluzione. La Francia già negli anni ‘50 era in forte decrescita demografica; ha così dovuto affrontare per tempo il problema ed oggi è la nazione europea a più alta natalità, Non si tratta solo di investire soldi, ma anche di creare condizioni culturali ed organizzative differenti; infatti la Germania, che spende di più della Francia in politiche familiari, non ha risultati analoghi. L’Italia ancora negli anni ‘70 era in crescita demografica, perciò il problema non è stato affrontato tempestivamente ed oggi, con i chiari di luna attuali, è diventato più complicato trovare delle soluzioni.

Anche questa volta mi tocca fare delle tristi conclusioni: non vedo proprio i nostri rappresentanti occuparsi seriamente di questioni difficili e serie, meglio parlare dei sacchetti di plastica ad 1¢! Beh, non resta che sperare nella ribellione dei nonni, visto che hanno una massa numerica maggiore dei giovani: dai, nonni, diamoci da fare e premiamo sui politici perché creino migliori norme a favore delle famiglie con figli (preoccupandosene, magari, come delle famiglie costituite da una coppia omosessuale!); premiamo pure sui nostri figli e nipoti, perché sentano l’importanza e la soddisfazione , aggiungerei la gioia, di diventare genitori.

Pietro Immordino

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