Moncalieri, 13 settembre 2019

Fine della democrazia

Quello che sta succedendo nel sociale e nella politica in Italia, in Europa e nel mondo intero mi ha portato a fare alcune considerazioni che qui voglio riportare.

Una prima considerazione verte sulla costante decadenza del principio di autorità. I popoli da sempre hanno accettato di sottostare all’autorità di classi dirigenti e leader, in nome di una coesione che li ha portati a prevalere su altre popolazioni e/o proteggersi da esse. Cesare, Alessandro Magno , Gengis Khan portarono grandi lutti ai popoli che attaccarono, ma certamente la loro leadership servì a dare coesione e benefici ai loro seguaci e, forse, a tutto il loro popolo.

Con il cambiare delle società non è più stata sufficiente la presenza di un solo uomo al comando, per quanto capace ed efficiente, per garantire sopravvivenza e benessere ad una popolazione, specie se molto vasta; cosi la monarchia assoluta ha dovuto cedere il passo ad oligarchie che la affiancavano e, in parte o in tutto, la sostituivano. Ancora, al monarca si e affiancato una rappresentanza popolare. Questo è lo stadio della Repubblica Romana, in cui al re si sostituì un Senato e dei tribuni del popolo; ma un senato ha ragione di esistere solo se i suoi rappresentanti sono visti dal resto della popolazione come degni delle cariche che essi ricoprono. La popolazione pensa che alcuni individui hanno capacità particolari ed affida loro la gestione del potere. Non a caso i grandi leader che citavo prima erano innanzitutto dei capaci generali, perché in essi la popolazione vedeva la capacità di garantire benessere e sicurezza comune. Sicurezza ed economia sono in ogni caso le molle decisive del riconoscimento popolare.

Un’autorità che pareva di sicuro riconoscimento era quella derivante dalla conoscenza e dalla competenza. Ho sentito Piero Angela dire che la velocità della luce non può essere decisa per acclamazione, ma, purtroppo, oggi ce chi pensa che si possa decidere qualunque cosa sulla base della volontà popolare del momento. Mi riferisco, per esempio, alla triste storia dei vaccini, che mette in pericolo la salute e la vita di tutti e che è stata in un primo tempo sostenuta anche da alcuni esponenti politici.

Un altro argomento vitale per lo sviluppo delle nostre società e l’impetuoso progresso delle tecnologie informatiche, che da una parte ci facilitano la vita e ci consentono di fare delle cose inimmaginabili fino a pochi anni fa, dall’altra sono terribilmente invasive della nostra privacy e tendono insidiosamente a modificare i nostri schemi mentali.

Youtube, Twitter, Facebook, ecc. raccolgono informazioni su ogni aspetto della nostra personalità, informazioni che nessuno di noi sa con certezza come vengono utilizzate.

Non so se siano vere le voci dell’influenza russa sulle elezioni americane ed italiane, ma certo sono assai verosimili. In questi giorni è circolata la notizia, anche questa non so se vera ma verosimile, circa l’utilizzo da parte di Salvini di un algoritmo che gli suggerisce quando alzare la voce su certi argomenti; questo da la misura dell’interferenza di queste tecnologie con nostri sistemi sociali.

Purtroppo una forte componente delle classi dirigenti italiane è da sempre disinteressata ai problemi tecnico-scientifici, ritenendoli secondari rispetto a quelli umanistici; pertanto il problema del condizionamento, che può essere indotto nella popolazione attraverso i mass media, non viene da molti ritenuto essenziale, nonostante l’evidente influenza che già da molti decenni la TV ha sui comportamenti sociali e politici. Gli attuali mezzi di comunicazione di massa hanno un potere assai più vasto ed insidioso rispetto alla TV.

L altra sera ascoltavo Presa Diretta, che illustrava gli effetti di un uso smodato degli smartphone, oggetti di cui oggi nessuno può fare a meno. L’inchiesta concludeva che molti giovani hanno una capacità di prestare attenzione ai singoli fatti pari a quella dei pesci rossi: circa dieci secondi. Questi giovani non sono più in grado, con evidenza, di fare scelte sociali e politiche sulla base di ragionamenti complessi ed articolati.

Passo ad un fatto che può sembrare secondario e avulso dal ragionamento, ma serve assai bene, secondo me,ad illustrare un altro aspetto del problema. In questi giorni un mio nipotino si è dedicato ala prestidigitazione, con buoni risultati. Ho riflettuto come sia facile farci vedere quello che non esiste, basandosi su un comportamento che costituisce il cardine di quei giochi: concentrare l’attenzione degli spettatori su un punto che è estraneo al cuore dell’azione; molti politici usano la stessa tattica, concentrando l’attenzione della gente su problemi irrilevanti ed evitando che le persone si occupino dei fatti veramente essenziali.

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Avevo buttato giù con lo smartphone l’articolo su riportato, rimasto incompleto, qualche mese fa . Ho deciso di completarlo ora con un approfondimento sulla possibilità di sopravvivenza della democrazia, così come era stata concepita fino ad ora, di fronte allo strapotere dei nuovi mezzi di comunicazione di massa.

Come primo punto di riflessione voglio parlare della differenza sostanziale fra i mezzi di comunicazione di massa esistenti prima della rivoluzione informatica e gli attuali.

La prima differenza importante che balza agli occhi è quella che concerne la dimensione e la composizione del pubblico che ha accesso ai suddetti mezzi. In ogni nazione esistevano molti giornali e molte TV, a tiratura locale o nazionale, ognuno dei quali si rivolgeva ad un pubblico particolare; Youtube, Twitter, Facebook, ecc., sono utilizzate in tutto il mondo, praticamente con le stesse modalità. L’influenza di tali mezzi è quindi globale ed è praticamente impossibile da contrastare a livello di singoli stati. Ogni tanto si legge di multe comminate da qualche stato a qualcuno di questi giganti del web, ma, a guardare le cifre, tali multe non sembrano di entità tale da impensierire dei loro management aziendali.

La conseguenza di questa concentrazione è che il governo delle informazioni (e direi pure delle influenze) è concentrato in pochissime mani, che hanno un enorme potere di indirizzo dell’opinione pubblica mondiale.

Un altro aspetto che voglio mettere in luce è l’influenza dei mass media sul funzionamento delle democrazie così come le abbiamo finora concepite. Nei giorni scorsi abbiamo assistito a richieste di elezioni anticipate, secondo me basate su motivi assurdi. La nostra Costituzione prevede una durata della legislatura ed i motivi per i quali tale durata può essere interrotta. Da un poco di tempo in qua pare che la nostra Costituzione stia stretta a molti politici, che hanno aggiunto ai motivi legali di scioglimento delle camere anche l’andamento delle consultazioni politiche non nazionali e dei sondaggi.

Insomma pare che le manifestazioni attraverso i mass media comincino a pesare più degli ordinamenti legali.

La democrazia rappresentativa deve la sua nascita alla impossibilità pratica nel passato di consultare l’intera popolazione su ogni argomento; certamente, però, vi sono altre motivazioni che rendono appetibile questa forma di governo. Innanzitutto la necessità di elaborare piani a media e lunga scadenza, cosa impossibile in una democrazia diretta, e poi anche per evitare che passioni popolari improvvise portino a reazioni inconsulte. Inoltre la consultazione diretta della popolazione è troppo manipolabile da parte di chi possiede i mezzi per effettuare questa consultazione. Mi viene in mente il motto “uno vale uno” di Beppe Grillo: si è visto in realtà che “uno vale uno” per le persone comuni, ma c’è uno che vale molto di più.

La democrazia parlamentare è quindi sotto attacco a causa dello strapotere dei media, ma non pare che molti si occupino di questo; come generalmente ormai accade, l’elaborazione di piani a media e lunga scadenza non fa più parte delle preoccupazioni della classe politica: bisogna stare attenti solo ai sondaggi e alle prossime elezioni ( la cui tempistica va decisa in base ai sondaggi!).

La speranza è che l’impetuosa avanzata del web si diriga verso sistemi nuovi, più contenuti nelle dimensioni e rivolti a settori e pubblico particolare, restituendo l’informazione ai suoi sistemi tradizionali, garantendo la certezza e la pluralità delle fonti. In fondo, quello che io auspico che invece di seguire quasi esclusivamente Youtube, Twitter, Facebook, ecc. la maggior parte delle persone si scambino messaggi ed idee anche attraverso siti o blog rivolti ad un pubblico ristretto e selezionato, come tento di fare io con questo mio sito.

Pietro Immordino

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