Moncalieri, 23 settembre 2020

Il referendum sul taglio dei parlamentari

Prima di andare a votare avevo riflettuto a lungo sul significato e sul contenuto di questo referendum, fermandomi più sul significato che sul contenuto.

Cosa si è proposto al popolo, e si è ottenuto, con questo referendum? Dal punto di vista dei risultati pratici non cambierà nulla fino alle prossime elezioni; e dopo? Se non si pone mano presto e bene alle riforme necessarie temo che i risultati negativi supereranno di gran lunga quelli positivi. Premesso che i risparmi ottenibili con questa modifica costituzionale sono assolutamente irrilevanti, la riduzione del numero dei parlamentari potrebbe avere conseguenze positive solo se ad essa si accompagnerà una significativa ed efficace riforma dei regolamenti e delle prassi della camera e del senato, ma, soprattutto, se si cambieranno tutti i meccanismi attraverso cui vengono (da noi?) scelti i nostri parlamentari.

La semplice riduzione del numero dei parlamentari si tradurrà, sic stantibus rebus, in un maggior potere dei capi-partito su gli eletti, che, più che rappresentanti del popolo, saranno membri di una cerchia ristretta attorno al loro capo-partito. Ciò, di per se stesso, non sarebbe negativo, se la scelta di una persona richiamata a coprire i ruoli di parlamentare avvenisse sulla base della capacità e non, come purtroppo molto spesso avviene, sulla base della fedeltà al capo.

Più che sui contenuti della riforma mi preme, però, ragionare sulle possibili conseguenze generali dell’approvazione della riforma, in primis esaminando da cosa e perché è stata fatta la proposta. Non v’è dubbio che i 5Stelle abbiano elaborata la loro proposta sull’onda del sentimento di antipolitica presente in quel momento nel paese, e questo è molto pericoloso. Un conto è criticare alcuni parlamentari, volere riformare i sistema, volere migliorare i meccanismi delle elezioni e richiedere ai parlamentari più efficienza e più impegno nello svolgere il loro ruolo, un altro delegittimare il parlamento e mettere in discussione la sua indispensabilità. E’ vero che i 5Stelle non si sono mai espressi direttamente in tal senso, ma è anche vero che i loro comportamenti iniziali spingevano la gente a considerare il nostro parlamento un inutile orpello. Proseguendo su questa strada i 5Stelle ora continuano a proporre la riduzione degli stipendi ai parlamentari. Ogni tanto sento dire che è stato Berlusconi a fare questa proposta: ma a B. che gliene fregava del suo stipendio di parlamentare, che probabilmente non sarebbe bastato neppure a coprire le spese di una delle sue famose cene! Il parlamentare svolge un ruolo delicato e importante per il paese e non è possibile pagarlo meno di un impiegato, a meno di volere allontanare i più capaci e meritevoli da quel ruolo.

La riforma è quindi nata per motivi populistici e, come tutti abbiamo visto, è stata man mano accettata da quasi tutti i partiti per evitare di perdere consensi momentanei, o,in ultimo, dal PD per non scontentare i 5Stelle: ma è una riforma costituzionale e la Costituzione non si può modificare in una sua parte senza una attenta riflessione sulle conseguenze della modifica e senza una visione complessiva. Agendo come si è fatto c’è il concreto rischio che una qualsivoglia forza politica in qualsiasi momento metta mano ad inconsulte modifiche costituzionali nel tentativo di conquistare un effimero vantaggio elettorale.

Una modifica costituzionale dovrebbe essere sempre elaborata in circostanze eccezionali con un ampio e cosciente consenso e permettere lunghi tempi di riflessione a forze politiche e cittadini: per questo ho convintamente votato no a questa proposta di variazione, come avevo votato no alla proposta Renzi

Pietro Immordino



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