Moncalieri, 12 ottobre 2015

Marino e la democrazia

La vicenda del sindaco di Roma mi suscita diverse considerazioni, ma non voglio certo entrare nel merito delle motivazioni delle sue dimissioni, quanto esaminare alcune vicende che sono passate quasi in secondo piano di fronte alle cene pagate con la carta di credito del comune.

Per prima cosa voglio dire senza mezzi termini che è vergognoso che il sindaco di una grande città sia pagato alla stregua di un dirigente di piccola industria. Il sindaco di una metropoli, con le mansioni che gli sono oggi assegnate, ha compiti e carichi di lavoro analoghi a quelli di un top manager di una grande azienda e, quindi, la sua capacità e retribuzione dovrebbero essere commisurate agli incarichi. Ma per ora va di moda pensare che gli amministratori pubblici debbano essere degli asceti che vivono e fanno vivere le loro famiglie con un tenore di vita assi più basso di quello che essi stessi potrebbero garantirsi svolgendo un lavoro nel privato. Premesso che credo che ci siano rare persone, fortemente motivate ed ideologizzate, disponibili a grossi sacrifici per tentare di portare a compimento la loro missione, tali individui sono mosche bianche e non sempre hanno la capacità e la possibilità di affermarsi. Pagare poco gli amministratori pubblici da una parte allontana da questi incarichi i più capaci e dall'altra lascia campo libero a coloro che dalle loro cariche si aspettano guadagni trasversali.

Non so, e non è importante ai fini delle mie considerazioni, se Marino abbia effettivamente usato la carta di credito del comune per cene familiari: quello che noto in molte notizie di giornali è che spesso vengono messe in rilievo presunte malversazioni di personaggi della politica di poche migliaia di euro, mentre viene dato assai poco spazio a vicende di evasione fiscale o di altre più complicate truffe finanziarie, che riguardano cifre da capogiro. Già, ma i primi sono soldi pubblici e i secondi soldi privati: come se un evasore non mi arrecasse lo stesso danno di un politico che distrae soldi dello stato.

Ma vengo ora al cuore di questo mio articolo, cioè ad inquadrare la vicenda Marino in una visione più generale di crisi della nostra odierna democrazia, argomento più volte da me trattato in passati scritti, che purtroppo viene confermata nella vicenda di cui parliamo.

La prima cosa di cui voglio parlare è il meccanismo di scelta delle classi dirigenti politiche. Nel caso di Marino sembrerebbe tutto perfetto, egli è stato selezionato in primarie di partito ed è stato votato direttamente dal popolo. A questo punto io introduco il solito ma… Ma che elementi aveva la gente di Roma per votare Marino. In Italia la biografia dell'uomo politico viene sviscerata e posta sotto gli occhi dell'opinione pubblica, per consentire una scelta consapevole degli elettori? Solo ora i media stanno riportando alla luce una vicenda in cui il Centro Medico Universitario di Pittsburgh ha sollevato con maniere spicce Ignazio Marino dal suo incarico presso il centro di Palermo per presunte malversazioni sui suoi conti spese. Se quello che compare ora sui media risponde alla realtà, come mai questa vicenda non è stata messa in luce tanto tempo fa, quando Marino ha iniziato la carriera politica? Ancora, gli organi dirigenti del PD non avevano avuto alcun sentore della cosa? La scelta popolare avrebbe potuto essere diversa con una corretta e completa informazione?

La seconda osservazione che voglio fare è che Marino è stato eletto dal voto popolare e dovrebbe rispondere solo agli elettori al fine del suo mandato; invece è stato mandato a casa con un'operazione mediatica, della quale correttezza non so giudicare, ma che comunque niente ha da spartire con la democrazia. Con buona pace dei sostenitori delle elezioni dirette.

Quello che voglio ripetere ancora una volta è che l'esercizio della democrazia è un compito difficile e non separabili dagli elementi al contorno. Questo caso mette in evidenza come le scelte elettorali sia pesantemente influenzate dai media, e questo potrebbe essere una cosa corretta se… I media attualmente sono, con buona pace dei sostenitori della potenza della rete libera, essenzialmente in mano dei grossi capitalisti, che li governano per loro uso e consumo; attraverso i media si crea e si distrugge il consenso popolare. Certo qualcosa si può fare per migliorare la situazione, senza dimenticare che viviamo in una società capitalista, e quello che è stato tentato ( vorrei dire, è stato fatto finta di tentare) in Italia è davvero irrisorio. Basti pensare che in questi anni si è sempre parlato di controbilanciare l'informazione pubblica non con quella privata, ma con quella di un privato. La concentrazione dei mezzi di informazione in poche mani è deleteria per la democrazia, ma è difficile da combattere in un mondo che si sta solo globalizzando dal punto di vista dell'economia e della finanza, mentre pare si stia sfaldando dal punto di vista della coesione politica.

Invito quindi ancora una volta tutti quelli che amano parlare di democrazia a tentare di riempire il concetto astratto di contenuti concreti e realistici: come e con quali mezzi (e dove, pensando alle primavere arabe) è possibile realizzare reali forme di democrazia, facendo sempre una riflessione sul fatto che la democrazia ha bisogno di classi dirigenti valide ed oneste. Quest'ultimo punto è un tasto su cui batto spesso: come selezionare dei leader validi ed onesti in una società in cui i principi di solidarietà e di correttezza morale sembrano diventati obsoleti?

E su questa domanda da un milione di dollari chiudo questa mia nota.

Pietro Immordino

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