Moncalieri, 2016

I 5 Stelle: una speranza delusa?

Le recenti vicende della giunta capitolina mi hanno richiamato alla mente alcune considerazioni già fatte in passato ed, in particolare, negli ultimi due scritti La tempesta perfetta e Fede nella democrazia. La resistibile ascesa del fu movimento 5 Stelle è stata certamente dovuta all’evidenza del degrado della politica e della società italiane, ma al momento di passare dai no ai si la macchina di Beppe Grillo si è inceppata più volte: dopo il caso Parma, ora le vicende della giunta romana. Mi sono ritornate in mente alcune circostanze storiche che provano come i cambiamenti radicali in situazioni politico-sociali consolidate siano un salto nel buio, difficile da prevedere nelle sue conseguenze e difficile da gestire.

Un esempio evidente dei danni che può comportare un intervento radicale in una società consolidata è rappresentato dallo sciagurato intervento americano in Iraq; lo scioglimento delle forze militari preesistenti e la loro sostituzione con un nuovo esercito privo di quadri adeguati e composto da Sciiti, a sostituire i precedenti Sunniti, senza che al nuovo organismo fosse fornito un adeguato addestramento, ha reso di fatto impossibile il controllo sul territorio, aprendo la strada al caos che ne è conseguito.

Un caso forse più attinente alle azioni concrete che si possono fare nella situazione italiana è quello relativo all’Italia stessa dopo la sconfitta subita nella seconda guerra mondiale. Gli alleati vincitori non epurarono in massa militari, burocrati, giudici e persino politici del regime abbattuto, limitandosi solo ad interventi molto ridotti e spesso portati a termine non dalle forze alleate straniere, ma dai membri della resistenza italiana. Questo fece si che rimasero ai posti di potere molti esponenti compromessi col fascismo, e spesso assolutamente non pentiti, ma garantì la continuità del funzionamento della macchina statale senza grosse scosse. Senza contare il fatto che gli alleati non ebbero mano dura nei confronti degli ex fascisti anche in funzione anticomunista.

Un altro esempio più lontano, diverso e forse più interessante, è stata la Rivoluzione Francese: nata specialmente dalla ribellione della borghesia contro aristocrazia e clero per motivi essenzialmente economici, e passata attraverso varie fasi e tentativi controrivoluzionari, finisce per avere come risultato la presenza di un militare a capo dello stato, Napoleone, che si proclama imperatore. Vista con l’estrema e brutale semplificazione che ne ho fatta, la Rivoluzione francese sembrerebbe un tentativo inutile, ma tutti sappiamo che da quell’evento e dalle idee da esso scaturite è nata l’Europa moderna.

Il caso Iraq evidenzia la difficoltà di un intervento radicale sull’establishment di una nazione, il caso del dopoguerra italiano mette in luce la necessità di tenere conto sia della continuità di funzionamento senza intoppi del paese sia della situazione internazionale. Più interessante è l'analisi della Rivoluzione francese, che sintetizzerò per la scopo di questo articolo in poche parole: se nel corso di un sommovimento popolare vengono fuori delle idee veramente nuove e universalmente valide, tale moto può ben chiamarsi Rivoluzione con la R maiuscola e lascerà il suo segno nella storia, anche se è costato lacrime e sangue. In caso contrario si rischia di lasciare solo rovine, senza costruire alcunché di nuovo, né per l’attualità né per i posteri.

Dopo questo lungo preambolo di esempi, voglio dare ancora un cenno ad un’opinione, già più volte espressa, sul mancato riconoscimento della classe dirigente italiana da parte della popolazione. Una classe dirigente formatasi essenzialmente per appartenenza politica e presente giornalmente sui media per le proprie malefatte non può che essere malvista dalla popolazione e ciò è un grosso problema per il paese. Come può funzionare una comunità i cui membri non hanno fiducia nell’operato di medici, giudici, poliziotti, ingegneri, professori, ecc.? A questo punto non mi resta che inquadrare quello che ho sin qui scritto nell’argomento del titolo: i 5* sono o possono essere un’alternativa valida per la guida del paese?

Il primo problema dell’ex movimento, oggi partito, è quello di essere di fatto completamente nelle mani della coppia Grillo-Casaleggio (prima padre e poi figlio). Attenzione, io sono pienamente d’accordo su quanto ha fatto Grillo all’atto della fondazione del movimento: se io creo un organismo sociale per attuare gli scopi che io mi prefiggo, mi debbo premunire dalla possibilità che qualcuno intervenga per cambiare gli scopi iniziali; è libertà di ognuno aderire o meno all’organizzazione. La prospettiva cambia quando l’organismo sociale è un partito, che dovrebbe essere insieme fucina di idee e mediatore dei desideri della popolazione; in questo caso il dominio di una o due persone sull’organismo rischia di scollare la testa del partito dai suoi esponenti di base (vedi caso Pizzarotti), ma soprattutto non permette lo sviluppo di idee innovative per gestire la realtà concreta.

A questo punto una piccola analisi sull’ideologia del movimento. Sulla richiesta di moralità e trasparenza dell’operato di politici e funzionari pubblici non vi può essere alcun dissenso, ma è una richiesta generica che, in fondo, non attacca le cause della malversazione, anche se è certamente uno stimolo valido per il miglioramento. Inoltre tradurre l’illecito arricchimento di chi amministra la cosa pubblica in necessità di ridurne le retribuzioni è una evidente sciocchezza, che può solo spingere i più bravi e i più esperti ad abbandonare il pubblico per il privato, depauperando così la pubblica amministrazione. Il movimento era pieno di tante belle e teoriche idee, che alla luce dei fatti risultano irrealizzabili: a Parma l'inceneritore funziona da due anni ed il sindaco Pizzarotti non si è dimesso, come aveva promesso. La motivazione data dal sindaco per il mancato blocco dell’opera è stata quella della presenza di un contratto capestro con la ditta costruttrice, ma io sospetto che ad evitare il blocco abbia contribuito anche la difficoltà di elaborare un piano fattibile per gestire i rifiuti di una grande città senza quell’opera. Citerò ancora l’appoggio al movimento no-TAV, appoggio garantito anche dall’attuale sindaca di Torino, nell’ottica della negazione di tutte le grandi opere pubbliche, ottica causata dal malaffare che per anni ha ruotato attorno a queste opere, ma che certamente non aiuta il paese ad uscire dalla sua crisi ed a prepararsi per il futuro. L’Italia è soprattutto carente di infrastrutture, come chiunque può verificare guardandosi in giro, bisogna solo costruirle più in fretta e con minori sprechi e ruberie. La continua citazione dei guasti apportati dai poteri forti, banche in testa, non aiuta certo a risolvere i problemi italiani: vorrei solo saper quale è la soluzione del 5* alla gestione del denaro fatta oggi dalle banche.

Vengo ora a parlare specificatamente del caso Roma: parlare dei problemi esistenti nella città (sporcizia, traffico, topi, ecc.) accusando la neo-sindaca di non avere ancora provveduto è semplicemente ridicolo; non si rimedia in pochi mesi al degrado di molti decenni. Inoltre, per cominciare ad agire sui mali della città occorre certamente prima mettere a posto la macchina amministrativa; e qui cominciano i guai e i problemi. Certamente bisogna dare un segnale forte di cambiamento, ma non si può licenziare un gran numero di dirigenti pubblici di Roma, a meno di non essere in grado di trovare immediatamente dei sostituti validi ed onesti. Quest’ultima cosa risulta quasi impossibile, sia per la difficoltà di reperire tante personalità di esperienza e certamente valide, non compromesse con la politica precedente, sia perché, come si è già visto, molte di queste personalità si rifiutano di occupare degli incarichi pubblici a Roma. Questo rifiuto è certamente dovuto alla difficoltà dell’impresa di mettere mano alla scassatissima macchina amministrativa, ma anche alla consapevolezza della tutela del duo Grillo-Casaleggio sulla sindaca, tutela che bloccherà ogni azione contraria ai sacri principi ispiratori sanciti dal fondatore, anche se praticamente utile o addirittura indispensabile per la città. La sindaca ha provveduto in ritardo, dopo la sua elezione, a tentare di recuperare dirigenti validi per il comune di Roma, forse anche per divergenza all'interno del direttorio 5*; ma come mai Grillo, così sollecito in altre circostanze, non è intervenuto? Non posso saperlo, ma penso che un conto sia fare il padre nobile e gestire la comunicazione, un altro conto gestire concretamente la situazione.

Mi auguro che la Raggi riesca nel tempo a mettere mano con successo ai guai del comune, ma le difficoltà evidenziate mi sembrano molto grandi. Al problema dirigenti bisogna aggiungere il problema lavoratori: vi ricordate dei vigili urbani a casa per malattia a Capodanno? Era solo la punta dell’iceberg, l’assenteismo medio fra il personale romano è quasi del 23%. Motivare la gran massa dei dipendenti pubblici a fare con onestà e perizia il proprio lavoro non sarà un’impresa facile per nessuno. Mi fermo qui, senza affrontare i problemi della complicazione burocratica e della disonestà che questa favorisce.

Insomma, Virginia Raggi ha davanti a se un compito immane (si diceva che nessun altro candidato volesse veramente la sua poltrona!) e la sua azione non è certo favorita dai dissidi all’interno del partito 5* e dalla subalternità a Beppe Grillo. L’unica speranza di aiuto alla sua azione è che il partito 5* diventi compiutamente un partito e agisca come tale. Già, ma a questo punto come reagirà la base?

Mi sono spinto più in là di quanto non volessi all’inizio in questo mio articolo, ma in realtà l’argomento meriterebbe approfondimento ancora maggiore, poiché il caso Roma potrebbe diventare il caso Italia e il ricambio della dirigenza all’interno delle istituzioni diventerebbe un problema cruciale per il paese. Nonostante il mio pessimismo mi auguro che dal dibattito interno ai 5* vengano fuori delle linee guida più realistiche. Quest’ultima cosa sarebbe di più facile realizzazione se il partito si separasse nettamente, anche dal punto di vista legale, dal movimento, che dovrebbe rimanere solo come stimolo e cane da guardia, senza potere intervenire in alcun modo sulle decisioni amministrative. A questo punto, però, diventerebbe un partito come gli altri e c’è solo da sperare che non cada negli stessi errori….

Pietro Immordino



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